Cooperazione, cultura, arte
La cooperazione tra professionisti delle arti applicate sia all’industria che all’artigianato, l’utilizzo di linguaggi artistici e multiculturali, considerando la cultura nelle sue varietà è tra gli obiettivi della SDC di Stefania Di Carlantonio nata come casa d’arte e piccola impresa.
QUALITÀ
Il marchio garantisce un prodotto nato da progettualità, da studi tecnici e tecnologici e non in ultimo, dall’attenzione verso l’ambiente.
COMPETENZA
Le arti applicate necessitano del recupero di differenti mestieri: sarti, modellisti, tessitori, serigrafi per le stampe, ricamatori, artigiani orafi, pellettieri ed altre competenze.
ASCOLTO
Gli accessori, l’abbigliamento e gli abiti da lavoro nascono da grandi competenze, ma anche dall’ascolto delle esigenze e gusti del committente, nel rispetto delle esigenze del fruitore.
Arts and Crafts
Le arti applicate differiscono dalle produzioni industriali poiché la “regola d’arte” intende non solo abbellire il prodotto utile, ma considerare quelle regole che rendono funzionale e unico il prodotto realizzato con “stile” pur, senza cadere nella “caffettiera del masochista”.
La caffettiera del masochista.
Psicopatologia degli oggetti quotidianiIl titolo in italiano si riferisce all’oggetto immaginato da Jacques Carelman e riprodotto nel suo Catalogo d’oggetti introvabili (Catalogue d’objets introuvables et cependant indispensables, 1969), la “Caffettiera per masochisti” appunto, che campeggia nella copertina del libro.
Tale oggetto viene preso da Donald Norman nel suo saggio quale esempio di oggetto di uso quotidiano disegnato male, il cui utilizzo si rileva impossibile o frustrante.[1]

Sostenibilità
A proposito di sprechi…
La SDC di Stefania Di Carlantonio partecipa alla diffusione di stili di consumo responsabili attraverso un impegno personale per diffondere la cultura di sostenibilità ed ecosostenibilità.
Siamo nel 1919 quando un artista, Ernesto Michahelles detta la tuta Thayaht. Un capo di abbigliamento molto semplice, ricavato a partire da un singolo rettangolo di stoffa di tela d’Africa, di canapa o cotone da cui venivano ricavati tutte le componenti del capo, sette bottoni e una cintura. L’abito “tutto di un pezzo” (definito così dallo stesso Michahelles), di ordine nuovo, in un abito pensato per il lavoro, ma utile anche in altri frangenti della giornata; una vera rivoluzione attuata secondo i criteri dell’attuale sostenibile.
La tuta voleva rappresentare una soluzione per le difficoltà economiche in cui stava versando l’Europa in quel tempo, quindi la sostenibilità è di aiuto solo a quelle pratiche che evitano gli spechi.