Il Macramè in Liguria: Culla dell’Arte dei Nodi in Italia 


Con un’Intervista Speciale a Rosalba Niccoli (De Fabula) 

 Origini e Contesto Storico: Il Cuore Ligure del Macramè: tra Arte e Devozione 

Pochi sanno che una delle culle storiche del macramè in Europa si trova proprio in Italia: la Liguria, e in particolare Genova, rappresenta il cuore pulsante della tradizione del macramè in Italia e vanta una delle più antiche e radicate tradizioni di macramè in Europa. Questa regione, con la sua lunga storia marittima e commerciale, fu il terreno fertile dove l’arte del macramè mise radici profonde, sviluppando caratteristiche uniche che la distinguono ancora oggi. 

L’introduzione del macramè in Liguria risale probabilmente al XIII-XIV secolo, quando Genova – grazie alla sua posizione strategica sul Mediterraneo – era una potente repubblica marinara con intensi scambi commerciali e culturali con il mondo arabo-mediterraneo. I marinai genovesi e savonesi, entrando in contatto con le tecniche di annodatura orientali durante i loro viaggi, le portarono nelle proprie case, dove queste furono adattate e sviluppate ulteriormente. Già nel XII secolo, proprio grazie ai contatti marittimi con il mondo arabo e mediterraneo, la tecnica dell’annodatura era diffusa nella regione. Genova, con il suo porto cosmopolita, crocevia di culture e merci, divenne naturalmente un centro di innovazione per l’arte tessile, fondamentale per l’introduzione e la diffusione di quest’arte. 

I documenti d’archivio del XV secolo già menzionano il “macramè alla genovese”, indicando come questa tecnica avesse già sviluppato caratteristiche locali distintive. 

Fin dal Medioevo, Genova era uno dei porti più attivi del Mediterraneo. I suoi scambi commerciali con il Nord Africa, l’Oriente e la Penisola Iberica non riguardavano solo spezie e tessuti, ma anche saperi artigianali. Proprio attraverso queste rotte marittime, si ritiene che la tecnica del macramè sia giunta in Liguria molto prima che nel resto d’Europa. 

Già nel XIV secolo, le botteghe artigiane genovesi producevano frange annodate per abiti, arredi e veli liturgici, integrando la tecnica araba con la raffinatezza del gusto locale. La lavorazione manuale a nodi veniva trasmessa all’interno delle famiglie e, con il tempo, si trasformò in una vera e propria tradizione regionale. 

In Liguria, il macramè non era solo un ornamento estetico: spesso era utilizzato per addobbare statue religiose, creare coperture per altari, o decorare abiti cerimoniali. Alcuni esemplari storici sono ancora conservati nelle chiese e nei musei liguri, testimoni della raffinatezza raggiunta da questa tecnica nel territorio. 

A partire dal XVI secolo, la produzione ligure di macramè divenne rinomata in tutta Europa. Le frange e i merletti annodati erano utilizzati per arricchire: 

  • Biancheria per la casa: tovaglie, lenzuola, asciugamani, spesso con motivi complessi e ripetitivi che richiedevano grande pazienza e precisione. 
  • Abbigliamento: bordure per camicie, corpetti, scialli e persino guanti, conferendo un tocco di eleganza e distinzione. 
  • Accessori religiosi: paramenti sacri e tovaglie d’altare, dove la delicatezza del lavoro a nodo esaltava la sacralità dell’oggetto. 

Particolare importanza assunse la produzione del “macramè a punto di Genova”, caratterizzato da nodi fitti e compatti, spesso con l’incorporazione di perline o piccoli elementi decorativi che creavano un effetto quasi scultoreo. Un altro stile diffuso era quello di Chiavari e Rapallo, noto per la finezza del filo e la leggerezza dei disegni che richiamavano spesso motivi floreali o geometrici. 

Nel corso del XIX secolo, durante l’espansione borghese, la produzione di pizzi e nodi divenne anche un’attività economica locale. Le donne, in particolare nelle zone costiere, si specializzarono nella realizzazione di tovaglie, tende e decorazioni per l’arredamento domestico. Queste opere, eseguite interamente a mano, erano spesso vendute nei mercati cittadini o esportate verso la Francia e l’Inghilterra. Il macramè non era quindi solo un passatempo, ma spesso una vera e propria attività economica che permetteva di integrare il reddito familiare, soprattutto quando gli uomini erano in mare. Le tecniche venivano tramandate di madre in figlia, consolidando una tradizione artigianale profonda. 

Ancora oggi, in alcuni paesi della Riviera di Levante e Ponente, esistono scuole artigianali e laboratori che custodiscono la tradizione del macramè ligure. Alcuni festival e mostre, come quelli organizzati durante le celebrazioni storiche o le feste patronali, espongono opere ispirate ai motivi classici, ma reinterpretati con un linguaggio contemporaneo. 

Questa tradizione, nata tra mare, navi e mani operose, continua ad arricchire l’identità della Liguria, intrecciando passato e presente come solo il macramè sa fare. 

Il “Macramè da Marinaio” e la Cultura Marinaresca 

Una peculiarità ligure è il cosiddetto “macramè da marinaio” o “lavoro da marinaio” (travaggio da mâ in dialetto genovese). Durante i lunghi viaggi in mare, i marinai liguri realizzavano strumenti funzionali come reti, scalette e amache, ma anche oggetti decorativi di straordinaria bellezza. 

I marinai lavoravano principalmente con materiali robusti come la canapa e il cotone cerato, sviluppando tecniche specifiche adatte a resistere all’usura e all’umidità. Questa tradizione marinaresca influenzò profondamente lo stile ligure, caratterizzato da motivi che richiamano elementi nautici come onde, stelle marine e nodi di ormeggio. 

Nelle zone costiere come Camogli, Santa Margherita Ligure e Portofino, si svilupparono vere e proprie scuole di macramè con stili riconoscibili. Ogni porto aveva le sue varianti e i suoi nodi caratteristici, trasmessi di generazione in generazione. 

Il Macramè nelle Case Nobili Genovesi 

Parallelamente alla tradizione marinaresca, il macramè genovese entrò nelle case dell’aristocrazia genovese, assumendo forme più raffinate ed elaborate. Nel XVI secolo, le famiglie nobili della Repubblica di Genova commissionavano lavori in macramè per decorare i loro palazzi e le chiese della regione, creando un mercato fiorente per questa forma d’arte. 

I documenti dei Palazzi dei Rolli – residenze aristocratiche genovesi destinate ad ospitare visitatori illustri – elencano numerosi arredi impreziositi da macramè: dalle tende ai baldacchini dei letti, dai bordi di tovaglie fino ai cuscini decorativi. 

Le donne dell’aristocrazia genovese erano spesso esperte nell’arte del macramè che praticavano nei loro salotti per adornare le case. I “tomboli” (i cuscini cilindrici utilizzati come supporto per realizzare i lavori) diventarono un oggetto immancabile nelle case aristocratiche, simbolo di raffinatezza e abilità femminile. 

I Pizzi delle Monache e il Macramè Sacro 

Uno degli aspetti più affascinanti del macramè ligure è il suo legame con la vita conventuale. Le suore liguri, in particolare quelle dei monasteri di Genova e Chiavari, perfezionarono la tecnica per realizzare pizzi liturgici, come: 

  • Paliotti (decorazioni per altari) 
  • Velari per tabernacoli 
  • Merletti per paramenti sacri 

Questi manufatti erano così pregiati che venivano commissionati da chiese di tutta Europa. La tecnica ligure si distingueva per l’uso di filati di lino e cotone finissimi, lavorati con nodi piccoli e regolari, spesso arricchiti dai motivi geometrici e floreali. 

Il Macramè nella Cultura Popolare Ligure 

Oltre all’uso religioso, il macramè entrò a far parte della vita quotidiana delle famiglie liguri, soprattutto nelle zone costiere. Le donne lo impiegavano per creare: 

  • Corredi nuziali (lenzuola, tovaglie, centrini) 
  • Accessori per la casa (tendine, paralumi) 
  • Indumenti (scialli, bordure per abiti) 

La Scuola del Macramè Genovese e le sue Caratteristiche 

Il macramè genovese si distingue per alcune caratteristiche tecniche e stilistiche: 

  • Utilizzo del punto a “pigne” o “pigna”: un motivo tridimensionale che ricorda la forma di una pigna, divenuto emblematico dello stile ligure. 
  • Simmetria rigorosa: a differenza di altre tradizioni, il macramè ligure predilige la simmetria perfetta e l’equilibrio compositivo. 
  • Finiture a frange elaborate: le frange non sono un semplice elemento decorativo, ma parte integrante del disegno. 
  • Combinazione di materiali: spesso mescolando fili di diverso spessore per creare effetti di rilievo. 

La Corporazione dei “Passamaneri” 

A partire dal XVI secolo, a Genova esisteva una corporazione specializzata, i “Passamaneri” che riuniva gli artigiani specializzati nella produzione di passamanerie, frange e lavori a nodi. Questa organizzazione, con statuti rigorosi, garantiva la qualità delle produzioni e proteggeva i segreti della lavorazione. 

I documenti dell’epoca attestano che i prodotti della corporazione dei Passamaneri genovesi erano ricercati in tutta Europa, raggiungendo le corti reali di Spagna e Francia. Le frange e i bordi in macramè genovese erano considerati articoli di lusso, spesso utilizzati per impreziosire abiti cerimoniali e arredi sacri. 

Le Manifatture e il Commercio 

Nel XVII e XVIII secolo, Genova divenne un importante centro di produzione e commercio di manufatti in macramè. Le botteghe artigiane, concentrate nei quartieri di Prè e Molo, producevano sia per il mercato locale sia per l’esportazione. 

I documenti doganali dell’epoca rivelano un fiorente commercio di manufatti in macramè verso Francia, Spagna e persino le colonie americane. I mercanti genovesi, con la loro rete commerciale globale, contribuirono significativamente alla diffusione dello stile ligure in Europa e oltre. 

Le “trine a nodi”, come venivano chiamate le lavorazioni in macramè più fini, erano spesso realizzate in piccoli laboratori domestici, generalmente gestiti da donne che tramandavano i segreti del mestiere di madre in figlia. 

Il Periodo d’Oro del XIX Secolo: il Riconoscimento Internazionale 

La vera età dell’oro del macramè ligure fu il XIX secolo, quando questa tecnica raggiunse livelli di raffinatezza straordinari. Il macramè ligure si arricchì di influenze esterne, incorporando elementi dello stile vittoriano ma mantenendo intatta la sua identità regionale. In questo periodo, il macramè ligure divenne un prodotto di esportazione, con commercianti come Giuseppe Perazzo che vendevano merletti chiavaresi a Costantinopoli. 

Le famiglie borghesi genovesi, emulando l’aristocrazia, adottarono il macramè come elemento decorativo imprescindibile. Le opere in macramè erano spesso utilizzate per decorare arredi ecclesiastici, abiti cerimoniali e gli immancabili corredi nuziali. I motivi decorativi, come il “Jasmine” (gelsomino) o l’”Ascaria” (soldato), testimoniano l’influenza orientale e la creatività locale. 

Nel XIX secolo, la Liguria ha visto la nascita di numerose scuole di merletti che, non solo hanno formato nuove generazioni di artigiani, ma hanno anche contribuito a preservare e tramandare le tecniche tradizionali. È un esempio emblematico di come la Liguria abbia investito nella formazione e nella valorizzazione di quest’arte. 

Centri come Rapallo e Chiavari svilupparono scuole di merletti locali con caratteristiche proprie, come l’integrazione di perline di vetro colorato nei lavori a nodo. La Scuola di Merletti di Rapallo fu rinomata per i suoi “pizzi a tombolo annodati”, una variante che univa la tecnica del tombolo a quella del macramè tradizionale. 

In particolare, Chiavari divenne un importante polo produttivo, grazie alla presenza di un fiorente artigianato tessile, specializzato nella lavorazione del lino, materiale ideale per il macramè. Anche qui, la tecnica si sviluppò inizialmente nei conventi e monasteri, dove le suore la utilizzavano per decorare biancheria e corredi da sposa. Successivamente, le abili artigiane liguri perfezionarono la tecnica, sostituendo i materiali grezzi con fili più sottili e pregiati, come il lino e la seta. La Scuola di Macramè di Chiavari, attiva dal 1960 al 1989, contribuì a diffondere questa tecnica formando generazioni di artigiane. L’istituto divenne famoso per la sua qualità e la sua innovazione e giocò un ruolo cruciale nella diffusione e nel perfezionamento della tecnica del macramè in tutta Italia. 

Il macramè ligure ottenne grande visibilità grazie all’Esposizione Internazionale di Genova del 1892 che dedicò un’intera sezione al macramè, consacrando ufficialmente questa forma d’arte come patrimonio culturale regionale. Genova e Savona esportarono i loro merletti in tutta Europa, dove vennero apprezzati per la precisione e l’eleganza. Alcune famiglie di artigiani, come i Dufour di Chiavari, divennero celebri per le loro creazioni in macramè, tanto da ricevere commissioni dalla nobiltà italiana e francese. 

Il Declino e la Rinascita 

Con l’avvento dell’industrializzazione di fine Ottocento, molte tradizioni artigianali liguri rischiarono di scomparire e il macramè affrontò un periodo di declino. La produzione industriale di tessuti e merletti mise in crisi l’artigianato tradizionale, portando alla chiusura di molte botteghe storiche. 

Tuttavia, a differenza di altre regioni, in Liguria la tradizione non si estinse mai completamente. Nelle località costiere come Camogli, Santa Margherita e Rapallo, scuole di ricamo e gruppi di donne continuarono a praticare e insegnare le tecniche tradizionali, preservando questo patrimonio culturale mentre designer contemporanei la reinterpretano in chiave moderna. 

Curiosità: ancora oggi, in alcuni paesi liguri, le nonne insegnano alle nipoti i segreti dei nodi tradizionali. Un’eredità che non smette di affascinare! 

Negli anni ‘70 del Novecento, il macramè tornò in auge grazie al turismo e alla riscoperta delle arti manuali. Insieme al macramè, in Liguria si assistette a una rinascita dell’interesse per la tradizione locale. Scuole e associazioni culturali iniziarono a offrire corsi di macramè genovese, attirando studenti da tutta Italia e dall’estero. 

Il Macramè Ligure Oggi: Tra Tradizione e Innovazione 

Oggi, il macramè ligure è riconosciuto come un patrimonio culturale prezioso, tanto che Chiavari ha sostenuto la candidatura del “merletto italiano” a Patrimonio Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO e la Regione Liguria riconosce e tutela le lavorazioni artigianali tradizionali, tra cui il macramè, ospitando numerosi eventi e fiere dedicate, dove è possibile ammirare e acquistare pezzi unici, testimonianza della lunga e ricca storia di questa tecnica nella regione. Iniziative come il marchio “Artigiani In Liguria” certificano la qualità e l’autenticità delle produzioni locali. Il “Consorzio Artigiani del Macramè Ligure”, fondato nel 2005, riunisce oltre quaranta artigiani impegnati nella preservazione e promozione di quest’arte. Eventi annuali come il “Festival del Macramè” di Santa Margherita Ligure e la “Mostra dell’Artigianato Ligure” di Genova rappresentano importanti occasioni per ammirare lavori contemporanei e pezzi storici, testimoniando la vitalità di questa tradizione che continua a evolversi nel XXI secolo. 

Musei come il Museo del Merletto di Rapallo e il Museo Navale di Genova conservano collezioni significative di manufatti storici. Artisti contemporanei come Debora Scorza e Marisa Gandolfo stanno reinterpretando la tradizione ligure con sensibilità moderna, creando opere che dialogano con l’arte contemporanea pur mantenendo un legame con le tecniche tradizionali. Nelle località turistiche della riviera ligure, botteghe artigiane offrono dimostrazioni e workshop, contribuendo a mantenere viva questa tradizione secolare. 

Il macramè ligure non è solo una tecnica, ma un patrimonio culturale che racconta secoli di storia, arte e devozione. Grazie alla passione di artigiani e istituzioni, questa tradizione continua a vivere, ispirando nuove generazioni di creativi. 

Conclusioni: Un Patrimonio da Preservare. Importanza Economica e Sociale – Il macramè divenne fonte di reddito per molte famiglie liguri – Si crearono cooperative di artigiane – I prodotti venivano esportati in tutta Europa – Contribuì all’emancipazione femminile attraverso il lavoro artigianale

Evoluzione e Modernità – Oggi esistono ancora laboratori artigianali che mantengono viva la tradizione – Il macramè ligure è riconosciuto come prodotto dell’artigianato artistico tradizionale – Viene insegnato in corsi e workshop per preservare la tecnica – È oggetto di interesse per designer e artisti contemporanei 

Dove Trovare il Macramè Ligure Oggi 

– Museo del Merletto di Rapallo (espone antichi manufatti) 

– Botteghe artigiane di Chiavari e Santa Margherita Ligure 

– Laboratori di restauro tessuti antichi a Genova 


Associazione “Amici del tombolo” 


Via Algeria, 10 – Santa Margherita Ligure (Genova) 📞 +39 333 520 0925
📌 Perché è importante? Santa Margherita Ligure è uno dei centri più celebri per il macramè ligure, con una tradizione che risale al Seicento. L’associazione, attiva fin dal 2003, corsi gratuiti e organizza mostre. Qui si riscoprono le tecniche tradizionali di pizzo al tombolo. 



Museo Luxoro – Genova 


Via Mafalda di Savoia, 3 – Genova
📞 +39 010 322673
📌 Cosa offre? In un incantevole parco affacciato sulla scogliera di Nervi, una elegante villa dei primi del Novecento accoglie una raccolta di opere d’arte che include dipinti, disegni, mobili, orologi antichi, ceramiche, oggetti in argento e statuine da presepe risalenti al XVII e XVIII secolo. La mostra presenta una selezione di manufatti appartenenti alle cosiddette “arti minori”, come disegni, argenti, arredi, orologi, ceramiche, merletti e tessuti.  



Creattivando – Laboratorio Artigianale Art & Food (Genova) 



Sede in Campetto, 8A Palazzo Imperiale, secondo piano Nobile (Genova)
📞 +39 010 403 7763
📌 Cosa fa? Un contenitore per il lavoro di molti giovani artigiani, questa associazione promuove anche il macramè ligure attraverso mostre e corsi, grazie a Cristina Robello, artigiana del macramè.  



Museo del Merletto – Rapallo 



S. Paolo, 23, Rapallo (Genova)
📌 Da non perdere: Dedicato soprattutto al merletto al pizzo al tombolo, prodotto fin dal XVI secolo. Qui è conservata una collezione di macramè sacri e corredi ottocenteschi, con esempi di nodi tipici della tradizione ligure. Spesso ospita dimostrazioni pratiche. 




Maestra Luciana Brescia – Lavagna  




Contatto tramite Merletto italiano
📌 Un’eredità vivente: Luciana Brescia, allieva della mitica Maria Chiappe, crea nel suo laboratorio a Lavagna. Segue fedelmente gli insegnamenti della sua maestra nella realizzazione dei pizzi che sono molto apprezzati. Ha collaborato con la ricercatrice giapponese Reiko Fukumoto, dal 2000 al 2005, realizzando per lei numerosi manufatti, tra cui asciugamani e una borsa. I suoi lavori sono stati esposti anche in Giappone e la Curia vescovile di Chiavari nel 1998 le ha chiesto di donare uno dei suoi pizzi a Papa Giovanni Paolo II. Nel corso degli anni, l’artista ha continuato a perfezionarsi, partecipando a numerose mostre in Italia, dove fa anche dimostrazioni dal vivo della sua tecnica. Ultimamente, oltre ai lavori classici, si è specializzata anche nella bigiotteria con la tecnica del macramè. 


Il Macramè in Liguria: Un Patrimonio Vivo 

L’Associazione “De Fabula” – Custode delle Arti Tessili Liguri 

La tradizione del macramè in Liguria è mantenuta viva da associazioni e laboratori artigianali. L’Associazione “De Fabula” (il cui nome evoca il racconto delle tradizioni) è un’organizzazione culturale con sede a Genova con l’obiettivo di promuovere e preservare le tradizioni liguri nel campo delle arti applicate, con particolare attenzione al merletto a fuselli e al macramè, ma anche altre tecniche tessili come il ricamo, la maglia, il chiacchierino (margarete), l’uncinetto e la lavorazione con perline. 

L’associazione De Fabula svolge diverse attività e progetti per promuovere il macramè ligure, organizzando corsi e mostre per diffondere questa antica arte. Punto di riferimento fondamentale per chiunque sia interessato al merletto e al macramè in Liguria, rappresenta un ponte tra la tradizione artigianale secolare e le sue espressioni contemporanee. 

Attività Principali: 

  1. Promozione e Divulgazione: L’obiettivo primario è far conoscere e apprezzare al grande pubblico la bellezza e la complessità delle arti tessili tradizionali liguri. Questo avviene attraverso: 
    Mostre: Organizzazione di esposizioni dei lavori realizzati dai membri e da altre artiste, sia in Italia che all’estero. 
    Eventi Culturali: Partecipazione a fiere, rassegne e manifestazioni dedicate all’artigianato artistico. L’associazione ha partecipato a edizioni del Forum Internazionale del Merletto e del Ricamo “Italia Invita”, ottenendo anche riconoscimenti e visibilità su riviste di settore. 
  2. Formazione e Tramandamento: De Fabula si impegna attivamente nel tramandare le tecniche a chiunque voglia apprenderle e a formare le nuove generazioni. Questo si concretizza in: 
    Corsi di formazione e Workshop: Organizzazione di lezioni e laboratori pratici di merletto a fuselli, macramè e altre tecniche, aperti a principianti ed esperti. Spesso, questi workshop vengono condotti anche in occasione di grandi eventi. 
    Didattica: Collaborazione con scuole o istituzioni per progetti educativi che introducano i giovani a queste arti. Lavora con esperti nei vari settori per documentare e trasmettere le memorie storiche e le tecniche tradizionali. 
  3. Ricerca e Innovazione: L’associazione non si limita a replicare le tecniche tradizionali, ma stimola anche la ricerca e l’innovazione. Rosalba Niccoli, ad esempio, sostiene l’importanza di un’innovazione nella tecnica e nel progetto per garantire la sopravvivenza del ricamo e del merletto, offrendo nuove applicazioni più moderne e adatte al contesto attuale. 
  4. Valorizzazione del Patrimonio Ligure: Documentazione sul patrimonio culturale e artigianale della Liguria. Mettendo in risalto il macramè e il merletto, l’associazione contribuisce a preservare un pezzo importante del patrimonio culturale e artigianale della Liguria. 
  5. Collaborazioni con altre associazioni e istituzioni: Creare una comunità di artisti, artigiani e appassionati di macramè e tecniche tradizionali liguri. 

Riconoscimenti e Visibilità: 

I lavori dell’associazione De Fabula hanno ricevuto numerosi riconoscimenti e sono stati presentati più volte sulle principali riviste italiane dedicate al ricamo e alle arti tessili, a testimonianza della qualità e dell’originalità delle loro produzioni. 

Collaborazioni: Progetti Rilevanti 

Tra le iniziative più significative svolte dell’associazione: 

  • Biennali De Fabula (1997 – 2015): manifestazioni culturali su temi legati alla cultura ligure attraverso esposizioni e laboratori. 
  • Partecipazione a eventi internazionali: De Fabula ha rappresentato l’arte del merletto italiano in diverse manifestazioni europee, contribuendo alla candidatura del merletto italiano come patrimonio immateriale dell’UNESCO. 

Intervista a De Fabula – Il filo della memoria ligure 

A cura di Walter Tassau 

Nel cuore di Genova, tra antichi palazzi e vicoli intrisi di storia, l’Associazione De Fabula custodisce un sapere antico: quello del merletto e del macramè. Già dal 1996 Rosalba Niccoli e Marcella De Ferrari portavano avanti un percorso comune che valorizzava il patrimonio ligure e le sue tradizioni. 

Abbiamo incontrato la presidente dell’associazione, Rosalba Niccoli, per farci raccontare la storia e le attività di questo prezioso centro culturale. 

WT: Com’è nata l’Associazione De Fabula e qual è la sua missione? 

RN: De Fabula è nata nel 1997 dal desiderio condiviso con un’amica, Marcella De Ferrari, di preservare e trasmettere le tradizioni popolari liguri, non solamente le arti tessili. La prima esperienza è stata quella di focalizzarci sul magico in Liguria, fenomeni peculiari come le streghe, ad esempio. Infatti, il libro che ne è scaturito, s’intitolava “Presenze magiche in Liguria”. Nel frattempo, ci guardavamo attorno per vedere quali altre cose da recuperare in Liguria. È uscito fuori un libro sugli antichi giochi, poi un altro sul modo di curarsi e il cibo. Abbiamo fatto un grande lavoro di ricerca e intervistato tante persone anziane per recuperare il sapere e la memoria. La Liguria ha un sacco di tesori. Ne “Il Diavolo e l’acquasanta. Tradizioni popolari, feste, riti tra il sacro e il profano”, pubblicato da Erga, parlavamo anche delle sette. 

In particolare, dopo un lavoro di ricerca sul territorio, il merletto a fuselli e il macramè entrano in gioco nel 2000 quando, ormai un gruppo di appassionate, dopo un incontro a Chiavari con l’associazione che lavorava il macramè, ci trovammo di fronte ad un ambiente particolarmente chiuso. In quegli anni il macramè e il tombolo erano relegati a Chiavari in un contesto per niente propenso all’innovazione. Mi resi conto che anche nei media e nei giornali preposti del macramè se ne parlava veramente poco. Decisi allora di prendere appuntamento col direttore di Rakam, la rivista di lavori femminili, e di recarmi a Milano. Rakam in quel momento era il mensile di riferimento del settore. Intendevo mettere a conoscenza l’art director del problema e, come De Fabula, avevo intenzione di riprendere il discorso del macramè attualizzandolo nei tempi. Trovai nell’architetto Elio Michelotti la persona adatta e con la quale in seguito strinsi un bel rapporto di amicizia. Venne a Genova a fare un primo servizio a cui ne seguirono degli altri. Fece in modo di ridare quel lustro che era andato perduto al macramè. Siamo rimasti quindi in quel settore, i merletti liguri, tombolo e macramè. Nel corso degli anni successivi mi resi conto che non bastava conoscere queste due tecniche perché sono legate, comunque, ad altri aspetti del ricamo. Facemmo dunque venire delle super insegnanti da fuori, anche una francese, per insegnare il ricamo. Ci completava. Se io so fare il macramè o il tombolo, ma poi non so attaccarlo a una stoffa, sono limitato, ci manca un pezzo… 

La nostra missione è culturale: vogliamo evitare che questi saperi vadano perduti e lasciarli alle future generazioni, far capire che non si tratta solo di ‘passatempi’, ma di vere e proprie forme d’arte. Tutti i miei lavori – produzione mia e delle mie colleghe dell’associazione – sono sempre fondati sull’innovazione volta dare vita nuova a questi merletti che, se dovessero essere solo capi da corredo, la tradizione sarebbe morta da tempo. Non per entrare in polemica con Chiavari, ma loro sono per mantenere una tradizione che, al giorno d’oggi, è anacronistica. Mia figlia, per esempio, dei ricami e del macramè sulle lenzuola non se ne fa niente. È un problema lavarli. Il classico asciugamano ‘macramè’ che si teneva per il dottore è giusto ricordarlo, ma oggi come oggi ci vuole la capacità di evolversi, bisogna andare avanti. Io vado a progetti. Le mie amiche mi dicono che se mi vengono vicino sentono il tric-trac della scatola cranica. Se una persona è creativa, ad un certo punto parte uno stimolo di qualcosa dal cervello e l’idea va per conto suo. 

Non possono neanche rinfacciarci che lo facciamo per soldi perché l’associazione è una no profit. Non possiamo vendere e non abbiamo entrate di nessun tipo, tantomeno qualcuno che ci sovvenziona. Anzi durante il Covid abbiamo pure rischiato la chiusura della scuola, nel frattempo l’associazione è diventata scuola. Siamo riusciti a trovare una sede un pochino più piccola, prima eravamo in via XX Settembre, adesso siamo di fronte alla casa di Colombo. Il Covid ci ha portato via tante persone perché molti si sono abituati a stare in casa, a vedere le cose su Internet che non è proprio la stessa cosa. 

WT: Ci può parlare degli ultimi progetti che ha realizzato? Per esempio, com’è nata l’idea della serie di gioielli e del Progetto ARGO con le scarpe? 

RN: Fra le ultime cose che abbiamo fatto, il progetto riuscito della serie di gioielli si è concretizzato perché, cercando di coinvolgere i giovani in queste attività, ho lanciato l’idea per invogliarli, un’attività più appassionante rispetto chiaramente a fare un pizzo. Anche per staccarci un attimino da quello che in genere è percepito e viene presentato come “gioiello in macramè”, oggetti che, a mio gusto, risultano essere un po’ pesanti e poco originali. Quindi abbiamo realizzato una serie di gioielli, anche collane, mischiando macramè, tombolo e altre cose, non lasciando niente al caso. Sono tutti oggetti fatti a mano con disegni che, in linea di massima, sono creati da noi. Diventano pezzi veramente unici. In ogni opera c’è sempre uno studio dietro. 

Il vero successo però sono state proprio le scarpe, grazie ad un mio parente, Massimo Guidi, che abita in Toscana e che ha lavorato una vita nel settore come manager di stilisti rinomati. Mi ha aiutato a trovare i calzaturifici adatti che mi hanno mandato le forme delle tomaie. 

Abbiamo potuto lavorarci sia col macramè sia col tombolo e i risultati sono stati spettacolari. Ho cercato di far entrare il mondo del pizzo, del fatto a mano nell’azienda in modo che il produttore potesse avere anche un modello di scarpa particolare in serie limitata: una decina di pezzi unici, modelli diversi l’uno dall’altro. Io ne ho tenute due paia. Lo scorso marzo li abbiamo esibiti a una mostra a Bergamo che si chiama “Creattiva”. Insieme alla borsa di Fendi, questo testimonia come questi pizzi tradizionali, uniti ai grandi nomi della moda, possono rappresentare veramente l’espressione massima del Made in Italy. La differenza la vede. Dove c’è un interesse economico, nella lavorazione, non ci può passare ore e ora sopra. 

Essere stata contattata da Fendi per rappresentare la Liguria poi per me è stata una gioia enorme perché, purtroppo, a Genova non ho avuto tutto questo riscontro. Appena ho ricevuto il premio ho pensato: “Facciamolo subito nostro!”. La Regione può mettere su una scuola in modo che tutte le nostre competenze non vadano perdute così, quando noi non ci saremo più, la conoscenza si tramanderà – io e quella che insegna il tombolo ormai abbiamo settant’anni – ma la proposta è rimasta lettera morta. Le mie soddisfazioni le ho avute fuori. Siamo andati ad insegnare in Spagna, parecchie volte in Francia. Ho rappresentato la Liguria in Arabia Saudita. Sarà stato anche il periodo propenso, c’era un interesse maggiore. Erano ancora presenti le riviste italiane che fornivano tutti gli appuntamenti importanti legati a questo nostro mondo. Noi andavamo perché volevamo farci conoscere. Tutto quello che ho fatto l’ho fatto perché mi piaceva, perché ci credevo quando l’ho intrapreso. 

WT: La sento molto determinata. Qual è la prossima sfida da vincere? 

RN: La mia priorità, al momento, è quello di andare a ripescare il vetro di Altare, la ceramica di Albissola e vedere se la prossima volta che andremo a Bergamo, a Creattiva, riuscirò a portare qualcosa proprio di marchio ligure, insieme ai nostri merletti. Qualcosa sul matrimonio, penso, ma anche portando la ceramica, vogliamo presentarci bene, esporre cose mai viste, da lasciare a bocca aperta. Bergamo è una bella piazza. La gente viene con i pullman. C’è grande interesse, anche per i materiali perché, ora come ora, tanti negozi di filati hanno chiuso. La gente alle fiere trova i fornitori. A Genova ormai le mercerie sono una cosa rara. Una volta c’era Canetta, fra le più fornite, ma si è trasferito a Milano. Se non c’è grande richiesta, è comprensibile. Ormai tutto è online. Noi siamo costretti a comprare i materiali più interessanti su Internet, anche se sarebbe preferibile poterla vedere e toccare la merce. 

Sono stata a dei mercatini a Savona per trovare la vecchia Albissola. Non mi interessa tanto che la ceramica mantenga il bianco/azzurro, quanto i disegni tipici dei castelli che sono vedute particolari di Savona. C’è questa voce che la ceramica di Albissola sia nata in realtà a Savona. Comunque sia, non entriamo nel merito. Voglio andare in Comune a Savona per vedere se sono un po’ più sensibili alla tematica rispetto a Genova. A Genova abbiamo avuto problemi anche per quanto riguarda la rete di merletti per l’UNESCO. Un impegno dei comuni era necessario. I sindaci avevano firmato tutti. Abbiamo quindi deciso con la rete di concerto di andare in Comune a Genova per chiedere un piccolo spazio per organizzare un’iniziativa. Non c’è stato verso di ottenerlo. Il destino ha voluto che la direttrice di Palazzo Bianco 

Loredana Pessa, con la quale c’era piena sintonia, andasse in pensione. Il giovane susseguitasi al suo posto non era minimamente interessato. Malgrado le assicurazioni che avremmo organizzato tutto noi, non ci ha concesso nemmeno lo spazio. 

WT: Fra l’altro l’unico museo dedicato al macramè in Italia non è neanche in Liguria, è in provincia di Vicenza. 

RN: Infatti, è a Castelgomberto. Fra l’altro io la signora, si chiama Luisa Tonello, la conosco benissimo perché è venuta a imparare a Chiavari dalla maestra Venzi. Da noi la regione promuove il pesto, ma non tutela l’artigianato tipico. Anni fa, quando esistevano ancora le province, la provincia di Genova, a me e all’insegnante di tombolo, ci mandò a preparare un gruppo di nove donne di Imperia. La provincia comprò i libri e il materiale. L’unica volta che ho avuto un certo sostegno. Anche in Comune, fino a quando ci fu l’ufficio preposto all’incontro con il pubblico, eravamo un minimo supportati. Quando c’erano le pubbliche relazioni almeno ci aiutavano ad avere lo spazio per le biennali. Abbiamo esposto in luoghi meravigliosi, Palazzo Ducale, la Commenda di Prè. 

Ci tengo a sottolineare che fin dall’inizio – quando avevamo un po’ più di introiti (ride, n.d.r.) – l’associazione De Fabula ha organizzato una biennale che, proprio per mancanza di fondi, abbiamo dovuto interrompere (nel 2015, n.d.r.). Dalla seconda in poi abbiamo ospitato anche merlettaie ed artiste straniere, fra cui una giapponese. Fra una biennale e l’altra abbiamo intrapreso un grande progetto per cercare di coinvolgere le istituzioni sull’importanza dei pizzi tradizionali. Dal 1997 ad oggi i tentativi per farci conoscere sono stati numerosi. Può trovare tutto nel sito. 

WT: Qual è il legame tra la Liguria e il macramè? 

RN: La Liguria ha avuto un ruolo fondamentale nella storia del macramè europeo. Genova, grazie ai suoi commerci marittimi – i liguri sono stati abili navigatori – è stata uno dei primi luoghi in cui la tecnica si è diffusa dopo essere arrivata dall’Oriente. Io ci tengo a chiamarlo il ‘nostro’ macramè perché è il nostro pizzo tipico. Già nel Medioevo, nelle botteghe genovesi si annodavano frange decorative per arredi liturgici e abiti nobiliari. La Liguria ha due ‘anime’: quella sacra, con nodi minutissimi per paramenti ecclesiastici, e quella popolare, con motivi più rustici legati al mare. I nostri marinai, per esempio, creavano reti da pesca con nodi che poi le donne trasformavano in merletti. 

Il tombolo e il macramè sono stati il fiore all’occhiello della Liguria. Sulla costa, sia quella di levante sia quella di ponente, c’erano molte tessiture. Queste hanno poi applicato il macramè proprio per fermare i fili, anche in modo molto decorativo, della frangia e dell’ordito. Ad Albissola in origine facevano i pizzi a tombolo neri, molto particolari, ma non è rimasto niente per poterli vedere. Nel corso del tempo, infatti, la riviera di ponente si è specializzata in altre cose, la ceramica di Albissola, il vetro di Altare. Nel levante abbiamo l’ardesia che è un pochino più ostica da lavorare, ma anche quella è una nostra eccellenza. Tutti tesori nostri che non vengono valorizzati per niente. Difficile oggi trovare filati di qualità. La canapa ligure oggi è rarissima. Questo è il nostro DNA, ma sta scomparendo. 

Nel chiavarese c’è ancora una ditta che produce questi telini, piccoli pezzi chiamati “nettadita”, che si utilizzano per fare delle bomboniere in edizione molto limitata, naturalmente solo per i testimoni perché il lavoro è molto lungo. Si dice che in passato, quando non esistevano ancora le posate, questi pezzetti venivano usati in pasti con commensali molto altolocati; ogni tanto passava la servitù con la bacinella per permettere di lavarsi le mani. È un lavoro molto particolare e si trova solo in Liguria. Il macramè, al contrario del tombolo, sono fili annodati. Costruire un oggetto a macramè è formare il disegno con una serie di nodi in un certo modo; ogni nodo deve poter scorrere sul filo conduttore che è quello che forma il disegno. Il macramè ligure è molto più fine in assoluto di quello che si può trovare altrove, ad esempio di quello americano ‘da giardino’ che fa notevole uso di corde. Il nostro inoltre ha disegni e punti molto più orientaleggianti. 

I pizzi sono una cultura condivisa. Di tombolo ce n’è in tutte le regioni italiane. Da una mia idea, nel 2005 abbiamo prodotto un pezzo in cui concorrevano merlettaie e ricamatrici da tutto il mondo. Ormai con la Rete ci conoscevamo tutte. Creavo un disegno, un quadro, e lo suddividevo come un puzzle. Dopodiché, a seconda del tipo di attività che in quel punto andava bene, invitavo la ricamatrice o la merlettaia adatta a farmi quel pezzo preciso così com’era. Persone che sapevo che lavoravano in un certo modo. Mandavo loro i filati, il manufatto in cartone perché poi gli oggetti dovevano tornare a Genova, da noi montati e poi l’oggetto finito veniva donato. Doveva essere una cosa unica. Il 2005 è stato l’anno in cui addirittura abbiamo creato un pannello meraviglioso per il Quirinale, visibile alla Conservazione Arazzi, che rappresenta un presepe ligure con il fondo di velluto di Zoagli. È molto grande, tre metri per due e mezzo. C’era Ciampi all’epoca che ci aveva anche ricevuto. Abbiamo fatto una tovaglia in pizzi in macramè da Guinness dei primati che attualmente è a Palazzo Imperiale a Genova. Abbiamo donato anche una cotta per Papa Francesco con un ricamo che riproduceva la vita di San Francesco della Cappella degli Scrovegni. Le opere delle biennali sono state tutte donate ad istituzioni, un quadro, dedicato a Cristoforo Colombo, persino alla Repubblica Dominicana. Un altro, ispirato al dipinto di Gustav Klimt, “Le tre età della donna”, è finito al museo Davanzati di Firenze. Tutto regalato. Nessun interesse economico. 

WT: Oggi come mantenete viva questa tradizione? 

RN: Organizziamo corsi pratici per adulti e ragazzi, sia di livello base che avanzato. Proponiamo 

anche laboratori nelle scuole, mostre itineranti e partecipiamo a eventi internazionali dedicati al merletto e alle arti tessili. 

WT: Quali sono i progetti realizzati che vi hanno dato più soddisfazione? 

RN: Sicuramente la proposta di Fendi che ho realizzato come Rosalba Niccoli, in quanto prestazione occasionale. Da statuto non potevo come associazione perché aveva carattere commerciale e non sono provvista di Partita Iva. La borsa è esposta a palazzo Barberini a Roma. Le scarpe, ma anche i quadri. Quando abbiamo donato il quadro a Firenze erano presenti le autorità. Tutto migliore che a casa nostra (risatina amara, n.d.r.). 

WT: Ci può raccontare qualche altro progetto in ballo? 

RN: Non le ho detto che ho inventato un macramè mio, nuovo, che ho anche registrato. Col macramè tradizionale si lavora su una frangia in orizzontale e poi in verticale. Ho liberato il macramè da questa forma così statica. Il primo lavoro che ho fatto è per un concorso che ho anche visto a San Sepolcro. La testa della Venere di Botticelli fatta a macramè e montata come plexiglass in modo che si vedesse la trasparenza. Volevo dare l’idea dell’acqua. È stata una grande soddisfazione anche ricevere il premio. 

WT: Ci può raccontare un episodio simpatico o curioso che vi ha particolarmente colpito nell’attività dell’associazione? 

RN: Un aneddoto curioso, non tanto positivo, è stato che volta una ragazza che, evidentemente, gradiva le nostre attività è venuta in sede ed ha regalato come regalo di compleanno un corso alla sorella. Questa è venuta, ha accontentato la sorella, ma ha fatto una fatica terribile perché non era proprio portata. Veniva un giorno sì e tre no e ogni volta dimenticava praticamente tutto. Io in tanti anni non ho mai visto nessuno, fra le allieve che si sono avvicendate nel tempo, che non gradisse quello che facciamo perché noi creiamo anche un ambiente amichevole. Siamo come una famiglia. Chi viene da noi deve soprattutto rilassarsi. Fra l’altro, negli ultimi anni abbiamo avuto delle persone che venivano da fuori, da Roma per il tombolo, e ultimamente da Varazze. L’interesse non manca, ma ripeto: ci conoscono più fuori che a Genova. 

WT: Il macramè ha conosciuto una grande riscoperta negli ultimi anni. Esiste questo nuovo interesse da parte dei giovani o è una leggenda metropolitana? 

RN: Credo che, ora più che mai, le persone abbiano bisogno di tornare alla manualità, ma giovani oggigiorno giovani hanno un approccio diverso. Vogliono tutto e subito, specialmente guadagnare. I ventenni amano il macramè fusion: mixano canapa e fili riciclati per creare oggetti urbani, come portavasi o borse, e noi li lasciamo innovare. 

Alla scuola di tombolo si è iscritta una sedicenne che fa il liceo artistico. Questo mi fa enorme piacere perché significa che l’interesse di questa ragazza è rivolto alla sartoria e noi le forniamo le basi. È lì che si gioca tutto. Una persona che fa una scuola di moda dovrebbe essere interessata a certe cose perché esulano dal meccanico. Quindi, a maggior ragione, voglio essere ottimista. 

WT: Come può chi è interessato entrare in contatto con voi o partecipare alle vostre iniziative? 

RN: Il nostro sito www.defabula.it è sempre aggiornato con i corsi e le attività. Ci trovate anche su Facebook, oppure nella nostra sede a Genova, dove siamo sempre felici di accogliere nuovi appassionati. Non serve essere esperti: basta avere curiosità, pazienza e amore per le cose fatte a mano. Il macramè ha un ritmo, una ripetizione quasi meditativa, che contrasta con la frenesia digitale. Inoltre, è una tecnica sostenibile: bastano pochi strumenti, si può lavorare con materiali naturali e anche riciclati. E poi… ogni nodo ha una storia, ogni opera è unica. 

📌 Per info, corsi ed eventi: www.defabula.it – Via Roccatagliata Ceccardi 4/10, Genova 

Contatti 

Sede: Via Roccatagliata Ceccardi 4/10, Genova 

Telefono: +39 338 372 3650 

Email: defabula.genova@gmail.com 

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